In realtà, non possiamo analizzare la crisi
ecologica globale separatamente dalla crisi in cui siamo immersi dalla
critica al modello economico che ci ha portato a queste cose.
E' inoltre
necessario rifiutare la logica della massimizzazione del profitto del sistema
capitalistico e
il suo orientamento produttività che non tiene conto dei limiti della terra.
il suo orientamento produttività che non tiene conto dei limiti della terra.
La realtà è che
stiamo assistendo ad una crisi di civiltà che ha molteplici dimensioni:
ecologica, alimentare, finanziaria, produttiva, in realtà assistiamo alla crisi
di un sistema sociale, la CRISI DEL CAPITALISMO.
Una crisi che
porta insieme allo scoperto l'incapacità del sistema capitalista nel soddisfare
i bisogni primari della maggior parte della popolazione e minacciare la
sopravvivenza stessa dell'umanità.
Pertanto, non
siamo di fronte ad una crisi temporanea. La crisi sarà per molto tempo. E non
si vede la luce alla fine del tunnel.
Ciò è dimostrato
dai piani di salvataggio che sono stati applicati in Grecia, Portogallo e
Irlanda e i ripetuti tagli annunciati in molti altri paesi dell'Unione Europea.
Siamo di fronte
ad una vera e propria "guerra sociale in Europa". Un'offensiva che
cerca di porre fine ai pochi(ssimi) diritti sociali che rimangono sul
continente e che le aziende considerano un freno alla loro competitività
nell'economia globale.
Le ragioni della
crisi, le previsioni della sua durata, l’ampiezza e la profondità delle conseguenze,
le ricette egemoni e le manchevolezze delle presunte alternative
(socialdemocratiche o altro) restano l’elemento determinante della fase.
Vale la pena
sottolineare gli effetti politici della crisi. Una sempre maggiore debolezza
dei governi incapaci di combinare la professione di fede per le ricette
liberiste con soluzioni credibili.
Le proposte
delle varie forze politiche sono fuorvianti o inefficaci, che non risolvono o
riducono i disastri della crisi.
E’
indispensabile un’analisi vera sulle politiche economiche e sul capitalismo,
avere il coraggio di un vero cambiamento e rimettere in discussione questo
sistema sociale, per far ciò è assolutamente necessario,
·
l’uscita
dell’Italia dalla NATO, disimpegno da tutte le missioni di guerra all’estero,
chiusura di tutte le basi militari straniere, richiesta di indennizzo ai paesi
responsabili per i danni alla salute, all’ambiente e al paesaggio, arrecati al
popolo italiano dalla presenza di basi militari straniere; limitazione di
bilancio alle sole esigenze di difesa del popolo e del territorio italiano, in
ottemperanza all’art. 11 della Costituzione; adozione di linee di politica
estera orientate in senso chiaramente antimperialista;
·
l’uscita
dell’Italia dall’Unione Europea e dalla Unione Monetaria Europea (sistema
dell’euro), ripristino della sovranità politica e economica (commerciale e
monetaria) al fine di sviluppare tutte le potenzialità di sviluppo del nostro
paese, per non sprofondare ulteriormente nell’indebitamento e nella recessione;
·
azzeramento
unilaterale della parte di debito sovrano detenuto da banche e istituzioni
finanziarie, monopoli e fondi a carattere speculativo, italiani ed esteri;
·
divieto
di qualsiasi attività e pubblicità delle agenzie di rating sul territorio
italiano e sottoposizione delle agenzie stesse e dei loro dirigenti a
procedimento penale per associazione per delinquere con finalità eversive, in
base alle leggi italiane;
Lavoro
·
abrogazione
di tutte le leggi che legittimano situazioni di precarietà del lavoro o che
discriminano i lavoratori per genere e età;
·
messa
fuori legge e perseguibilità penale del caporalato, sotto qualsiasi forma;
·
ripristino
della piena validità e preminenza del Contratto Nazionale Collettivo di Lavoro;
·
ripristino
di chiari e rigidi limiti di legge al licenziamento e della possibilità di
reintegro del lavoratore da parte del giudice;
·
istituzione
di un salario minimo garantito, idoneo a garantire un’esistenza dignitosa,
garantito per legge dallo Stato e al quale nessun contratto tra le parti
sociali possa derogare;
·
istituzione
di un’indennità di disoccupazione, a tempo indeterminato fino alla proposta di
nuova assunzione, non inferiore al 80% dell’ultimo salario percepito;
·
istituzione
di un’indennità, a tempo indeterminato fino alla proposta di assunzione, pari
al 50% del salario medio, per i giovani in cerca di prima occupazione al termine
dell’istruzione obbligatoria;
·
riduzione
dell’orario lavorativo a parità di salario e contributi;
·
ripristino
dell’indicizzazione dei salari al costo della vita (scala mobile);
·
politica
di controllo popolare alla fonte dei prezzi dei generi di prima necessità e di
largo consumo;
·
abolizione
delle imposte indirette sui generi di prima necessità;
·
controllo
dei lavoratori sulle condizioni di sicurezza e salute sul lavoro; inasprimento
delle pene per chi le disattende; politiche di prevenzione degli incidenti e
delle malattie professionali;
·
politiche
di sostegno alla ricerca applicata e all’innovazione, di prodotto e di
processo, per le piccole imprese, favorendone la concentrazione e
l’integrazione in forme associate consortili o cooperative, in modo da consentire
loro di acquisire economie di scala.
Le
risorse per attuare queste riforme devono essere trovate attraverso precise
misure di politica economica, quali:
·
nazionalizzazione
senza indennizzo delle banche, delle società finanziarie, dei fondi speculativi
e delle assicurazioni;
·
nazionalizzazione
senza indennizzo delle grandi aziende e delle aziende dei settori strategici di
rilevanza nazionale;
·
nazionalizzazione
delle aziende che hanno delocalizzato produzioni all’estero, indipendentemente
dalle loro dimensioni e dal settore di appartenenza;
·
competenza
statale sul commercio estero, improntato alla salvaguardia degli interessi
nazionali su base di vantaggi reciproci, cooperazione, equità e parità dei
contraenti;
·
lotta
alla rendita parassitaria, attraverso la tassazione dei grandi patrimoni e
delle transazioni finanziarie;
·
lotta
all’evasione fiscale, prevedendo anche il carcere e la confisca dell’intero
patrimonio per i casi più gravi;
·
lotta
alla corruzione nell’apparato statale e nella pubblica amministrazione,
prevedendo la confisca del patrimonio nei casi di corruzione, tanto per il
corrotto che per il corruttore, nonché nei casi di concussione;
·
abolizione
di tutti i privilegi fiscali della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni
religiose, delle politiche di agevolazione e dei trasferimenti statali in loro
favore;
·
eventuale
collocamento dei titoli del debito pubblico attraverso sottoscrizione diretta
dei risparmiatori, sottraendolo così al ricatto della speculazione
internazionale.
Le entrate
patrimoniali che così lo Stato acquisirebbe consentirebbero di diminuire la
pressione fiscale, finanziare lo sviluppo e migliorare la qualità della vita
del popolo.
Queste scelte è
ovvio che non possono venire da parte di chi continua a rivendicare scelte
liberiste e capitaliste.
Un movimento
politico anticapitalista è necessario per ricostruire forza e unità in tutto il
mondo oppresso e disperso dalla precarizzazione devastante che ha imperversato
in questi anni.
Un movimento
politico anticapitalista è inoltre possibile, grazie alle lotte sociali e del
lavoro che esplodono in continuazione in tutto il mondo e grazie alle tante
esperienze di sinistra alternativa che crescono in Europa: esse ci dicono che
la strada che vogliamo percorrere è praticabile, purché si abbia il coraggio di
ripartire su nuove basi.
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