Riflessioni estive dopo la lettura di un libro, Mario Moretti era un infiltrato, Cia e Kgb dietro il caso Moro

A volte mi piace rileggere testi e libri per capire la storia del nostro paese, e ultimamente mi è capitato di leggere un libro “Il prigioniero” scritto da due Br, sul rapimento e l’omicidio dell’onorevole Aldo Moro, ma tante cose non mi convingono, soprattutto dopo aver visto un film “piazza delle cinque lune”, e ciò mi spinge ad alcune riflessioni.


«Sono state  dette cose fortissime, ci sono accuse violentissime contro personaggi pubblici come il capo brigatista Mario Moretti o l' ex presidente Cossiga, eppure su una denuncia così radicale è scesa un' inspiegabile cortina di silenzio».

 «E' una tecnica, meglio non parlarne che essere costretti a rispondere su certe cose»
una congiura copre i misteri del caso Moro, garantiti dal silenzio degli ex br che furono protagonisti del sequestro e dell' omicidio del leader democristiano.

A cominciare da Mario Moretti, la mente dell' operazione. Nel film si dice senza giri di parole che è una spia, il braccio operativo di interessi che superano i confini italiani e quelli dell' Atlantico, fino agli Stati Uniti. «Ogni volta che in questa storia compaiono i servizi segreti, dietro c' è la figura di Moretti», dice un protagonista nel mezzo di un dialogo che riassume le presunte trame oscure del delitto di 33 anni fa.

Dopo la visione del film la domanda non può che essere diretta: allora Moretti era una spia?

Nella pellicola si dice chiaramente che l' Hyperion era una stazione della Cia, c’è chi ritiene invece che fosse «una sorta di stanza di compensazione tra diversi Servizi segreti; la Cia, certo, ma anche il Kgb, il Mossad e i servizi tedeschi». I discorsi s' intrecciano e sembrano sfiorare, a tratti, la fantapolitica applicata agli anni di piombo.
Come si spiega, infatti, che decine di pentiti e dissociati (a tutti i livelli dell' organizzazione) non abbiano mai voluto o saputo dire niente sui sospetti riguardanti Moretti o altre «stranezze» del caso Moro?
«Piazza delle Cinque lune» - racconta il regista - parte dalle anomalie dei 55 giorni della primavera 1978, dal sequestro all' omicidio di Moro, e smaschera «le menzogne» raccontate su alcuni passaggi-chiave della vicenda: dalla strage di via Fani alla scoperta del covo di via Gradoli, dalla prigione alla tipografia clandestina.
Secondo gli autori del film niente torna delle versioni brigatiste, mentre tutto (o quasi) si spiegherebbe con la loro interpretazione dei fatti.

 E un «padre fondatore» delle Br come Franceschini è d' accordo. «Perché i brigatisti dicono che ci fu un ripetuto tamponamento in via Fani quando sulle macchine non ce n' è traccia?», domanda Martinelli che poi allarga il discorso: «Se mentono su un particolare del genere possono mentire su tutto».

 Anche molte «verità» inserite nella sceneggiatura, però, sembrano contrastare con testimonianze e ricostruzioni (per esempio sulla prigione, o sulla tipografia di via Pio Foà) raccolte negli atti giudiziari senza che siano emerse contro-verità attendibili.

La vedova di Moro, la signora Eleonora, silenziosa da 25 anni,  ha chiamato il regista  prima ancora che uscisse il film per dirgli: «Se lei sapesse com' è sporca la verità di questa storia, forse sarebbe meglio lasciar fare a Dio».

 E Franceschini ricorda che il primo a sospettare, nelle Br, che Moretti era una spia non fu lui ma Curcio; e rammenta una frase che gli disse Moretti, in carcere, quando lui era in procinto di dissociarsi: «Se pensi di vendere le Br ti sbagli, l' unico che può farlo sono io».

C' è però il particolare che almeno un br che partecipò all' agguato di via Fani sta ancora in galera, e che i misteri veri o presunti del caso Moro - a parte la fine che ha fatto l' originale del memoriale scritto dallo statista ostaggio delle Br, su cui s' interrogò per primo il generale Dalla Chiesa - sembrano gravare più sulle azioni dello Stato che su quelle delle Br.

Ma il regista e l' ex terrorista insistono e lanciano una fida: «Perché chi si dovrebbe sentire quantomeno diffamato dalle loro affermazioni non li denuncia?

                           Forse sarebbe un modo per verificare chi mente».

O forse tacere è il modo migliore di nascondere una triste tragedia del nostro paese.