'articolo 18 non c'è più


Lavoratori italiani trattati come sudditi da governo sindacati e partiti. Debbono aspettare alcuni giorni per conoscere un cambiamento essenziale nella loro vita che li riduce soltanto a merce priva di diritti.
 
 Tra alcuni giorni sapremo quanto trapela dalla stampa oggi: l'art.18 non c'è più. E' diventato un optional del giudice o della commissione di arbitrato.
 
Decisivo l'intervento di Bersani. ...Partiti sindacati deputati senatori associazioni padronali tutti interessati alla massima precarizzazione del rapporto di lavoro ed alla sua più bassa remunerazione.
 
Le Coop rosse, quelle bianche, quelle rosa ringraziano. Non è poi detto che i soldi per gli ammortizzatori non vengano sottratti da voci della spesa sociale.

Fiat ha programmato la chiusura di altri stabilimenti in l’Italia. Per difendere occupazione e produzione è indispensabile che Fiat sia di proprietà pubblica.


Con l’avvento di Marchionne Fiat ha ridotto gli investimenti sull’auto ed ha abbandonato il segmento medio del mercato, quello più remunerativo in Europa, per concentrarsi sui segmenti bassi (quello della Panda e della Punto). Da qui il disastro sul marchio Alfa. Adesso che anche le altre case Europee, Volkswagen in testa, oltre che asiatiche, hanno deciso di investire massicciamente sui segmenti medio bassi Fiat, non facendo investimenti, non riesce a reggere il mercato. 


Con l’utilizzo dei fondi pubblici americani conseguenti all’accordo Chrysler Fiat sta spostando il baricentro fuori dall’Italia e dall’Europa. Utilizza il marchio Chrysler ed i suoi progetti per tentare di darsi una immagine sulla gamma media “taroccando”  il marchio Lancia. Sostituisce il marchio Alfa con il marchio Jeep sul mercato mondiale promettendo di costruire Jeep  a Mirafiori per venderle in America.

Nonostante il costo del lavoro in Italia sia basso, è evidente che Fiat ha programmato la chiusura di altri stabilimenti in l’Italia. Marchionne con la sua campagna sta realizzando una operazione vista altre decine di volte in aziende destinate alla chiusura. Non si investe, si spremono i lavoratori fin che ci sono residui margini di sfruttamento e poi si chiude.

Ciò trova conferma nella decisione di Marchionne di non lanciare nuovi modelli a differenza delle altre case che in momenti di crisi fanno il contrario.

Tutto ciò nonostante il costo del lavoro in Fiat sia più basso delle altre case automobilistiche. Se in Fiat Italia nel 2011 il costo del lavoro orario è di 26,31 €, alla Chrysler è pari a 37,7€, alla Toyota 42,3 €, alla Gm 43 € ; alla Ford 44,6 €.

La produzione in Italia va a picco: a fronte delle promesse di produrre 1.400.000 vetture, in Italia nel 2010 si sono prodotte 573.168 auto e nel 2011 solo 485.606 auto con un calo del 15,3%. Negli ultimi due anni, negli stabilimenti Fiat in Europa, si è passati da una produzione di 1.224 milioni di auto a 951.210. Il calo di 272.790 auto è avvenuto interamente in Italia.

Nessun piano annunciato (ben sette) è stato rispettato, nessuna promessa è stata mantenuta.
L’unico obiettivo perseguito è stato quello di peggiorare le regole contrattuali, di aumentare lo sfruttamento e diminuire i diritti individuali e sindacali, ma questo serve solo a sfruttare i lavoratori fin che ci sono residui margini di reddito, aggrava il declino industriale aumenta solo la paura del futuro e il disagio sociale.

Di fronte alle balle di Marchionne e al suo tentativo di rendere “schiavi” i lavoratori, e allo stesso tempo di svuotare le fabbriche in Italia (oltre il 50% dei lavoratori Fiat in Italia sono stabilmente il cigs) i governi sono stati complici assieme a coloro che hanno firmato gli accordi favorendo consapevolmente i disegni di Marchionne, i cui obiettivi sono solo ed esclusivamente la tutela dei guadagni della famiglia.

E’ necessario garantire le risorse necessarie per investire in Italia e consentire la sopravvivenza di un settore auto in Italia. Su questo il governo dei “tecnici” non può stare zitto e fare finta di nulla. Non serve avere assicurazioni di facciata che non saranno chiusi altri due stabilimenti. Occorre invece creare le condizioni perché ciò non avvenga.

E indispensabile rivendicare la proprietà pubblica della Fiat per la difesa dell’occupazione, del reddito, del lavoro, dell’ambiente e per gestire  la riconversione del settore verso un nuovo modello di sviluppo senza aspettare che ci si trovi a gestire dismissioni successive, ma creando in anticipo posti di lavoro in attività con una valenza sociale e non più di puro profitto.