Chi ha costruito questo debito? Chi lo deve pagare? Come riformare il Paese?

 Mancano le risposte, ma manca soprattutto il tempo per darle.
La ristrutturazione del debito è una operazione che per risultare efficace non può essere realizzata nel vuoto ma presuppone un programma più ampio. Si tratta, infatti, di accompagnare questa operazione con una politica che aumenti i salari, riduca la precarietà, ristabilisca i diritti sociali e li estenda, ad esempio ai migranti, salvaguardi i beni comuni.

 Serve un processo di nazionalizzazione di banche e assicurazioni, a cui il grande capitale ha fatto ricorso solo per salvare i proprio interessi e che invece serve per gestire diversamente il debito e garantirsi dalla speculazione finanziaria.

 Serve una riforma fiscale che finalmente aggredisca l’evasione fiscale – in larga parte appannaggio delle grandi imprese come dimostrano scatole cinesi finanziarie e largo utilizzo dei commercialisti alla Tremonti – e che faccia pagare di più i redditi più alti e di meno, molto di meno, chi riesce appena a sopravvivere. Una riforma fiscale fortemente progressiva, con poche e chiarissime agevolazioni fiscali per il lavoro dipendente, in grado di cumulare la tassazione dei grandi redditi con la proprietà e quindi il patrimonio, la rendita, la speculazione. Una vera Patrimoniale per ridistribuire radicalmente le risorse.

 Occorre rimettere in discussione questa Europa, compresa la moneta unica, per realizzare un’Unione davvero democratica e fondata sul consenso e la partecipazione dei popoli.

Per questo bisogna rivendicare una  petizione popolare per chiedere un referendum sull’Europa.

 Bisogna ridurre drasticamente le spese militari, tramite riduzione delle missioni all’estero e abbattimento della spesa per armamenti da trasformare in spesa per le infrastrutture ecologiche e il risanamento dei territori.

 Dobbiamo rimettere al centro dell’economia la variabile indipendente, il vincolo insuperabile, del lavoro e della sua dignità, dei diritti, dell’estensione delle garanzie sociali: salario minimo garantito, reddito sociale, riduzione dell’orario di lavoro, diritto al lavoro contro la precarietà dilagante.

 Occorre affrontare con decisione il tema della sostenibilità ambientale dello sviluppo economico con la difesa ecologica dei territori dai sventramenti prodotti dal Profitto e dagli interessi delle grandi imprese multinazionali.

 E tutto questo ha un senso se si garantisce una nuova partecipazione popolare con forme di democrazia diretta e di autogoverno a tutti i livelli.

Questi Parlamenti e i loro governi hanno concluso il loro tempo, siamo per una rivoluzione delle forme della partecipazione e della gestione del potere: referendum su tutti i dossier cruciali, organi di partecipazione diretta, autogestione e gestione razionale e democratica dell’economia attraverso nuove istituzioni democratiche e dal basso.

l comunisti non dovrebbero aspirare al potere borghese.


Quando si dice al popolo che il sistema capitalista attuale - e faccio riferimento al sistema capitalista europeo che ha completato il suo intero ciclo - non può oggettivamente fornire soluzioni, poiché ha dato tutto quello che poteva dare, significa che non ci si deve aspettare che i comunisti partecipino al sistema politico borghese, in un governo per gestire un sistema che non può dare alcunché.

Il punto è che sarebbe deleterio per il popolo pensare di andare al governo con un’alleanza di centro-sx.

Ci troveremmo di fronte alle più aspre contraddizioni. Non è una questione di ciò che si vuole.

Supponiamo, per ipotesi, che la popolazione Italiana  premi con un risultato importante la coalizione: Vendola, Di Pietro, Ferrero, Bersani, cosa accadrebbe?

Quale intesa ci può essere tra chi ritiene il precariato utile all’occupazione e chi lo ritiene uno sfruttamento, o chi propone la flessibilità e chi il salario garantito, ecc.ecc

Bisogna spiegare la linea politica nella sua interezza e non ci illudiamo che un governo possa offrire due o tre buone soluzioni, ossia continuare con la logica del meno peggio.

Questo è ciò che dicono, mentendo.

Due sono i casi: o i politici e quadri di questi  partiti sono incompetenti, cosa che non credo, o mentono coscientemente, l’unico motivo per cui questi dirigenti avvallano ciò è solo per interessi personali e non collettivi.

Se, partecipando a un governo borghese, si potrebbero prevenire le conseguenze della crisi e risolvere i problemi del popolo, sarebbe accettabile; ma ciò è impossibile.

Lasciamo che quei partiti che parlano di governi progressisti, di sinistra, di centro-sinistra o di centro-destra, formino un governo.

Il giorno dopo accetterebbero altre misure di austerità, nuovi prestiti, avrebbero a che fare con la Confindustria e i sui ricatti. Come accade oggi.

Quando in un settore o in una fabbrica, i padroni, per la pressione esercitata dalla lotta, intendono fare qualche piccola concessione, confindustria subito lo impedisce, perché questo creerebbe un precedente per le altre fabbriche.

Mentre nelle grosse fabbriche, vedi Fiat, San Marchionne detta legge, con l’appoggio indiscusso dei servi sindacali e politici, distruggendo il mercato del lavoro e i diritti individuali e collettivi conquistati con ani di lotte operaie.

Quante volte in questi anni, esponenti delle forze politiche di sx e centro-sx, hanno rivendicato l’urgenza di un cambiamento del quadro politico attraverso nuove elezioni, e la necessità di un governo forte, non per rivendicare una politica alternativa a quella borghese, ma semplicemente per sostituirsi a chi detiene il potere al momento.

I lavoratori non affrontano solo il loro padrone, ma i proprietari del capitale e dei mezzi di produzione nel loro complesso.

 Il popolo non ha nulla da perdere, al contrario, può guadagnare qualcosa se dalle elezioni emerge un governo debole. Più è forte il governo, più duro e determinato sarà contro il popolo.

Per chi ritiene che ci sia una via d'uscita ora, mentre tutto rimane lo stesso attraverso un nuovo governo e le decisioni parlamentari, è un povero illuso, non ci può essere alcuna via d'uscita nel quadro del sistema attuale.

Bisogna rovesciare il sistema,  ma questo non può accadere in una sola notte e con un singolo sciopero per quanto forte sia.

In ogni battaglia il popolo compie dei progressi in quanto corpo militante, anche attraverso parziali conquiste.

Non è possibile escludere la possibilità di un rovesciamento radicale negli anni a venire.

Sarà il popolo stesso a decidere, mentre nel contempo si prepara ed esercita la necessaria pressione per prevenire peggioramenti e ottenere vantaggi.

Non è possibile determinare la data per il cambiamento del sistema politico, né prevedere un arco di tempo plausibile di uno, due, dieci anni, perché questo dipende dalla maggioranza del popolo.

Non è una questione che riguarda solo i comunisti.

Se il popolo non prendere la decisione, il cambiamento non avrà luogo.


Salario minimo garantito, salario di disoccupazione, riduzione dell'orario di lavoro.

La lotta per il lavoro non basta a difendere la classe operaia
Unire le lotte per conquistare il salario a tutti i licenziati e la riduzione dell'orario

La mancanza di commesse per i cantieri navali, così come la chiusura delle fabbriche FIAT e il massiccio ricorso alla Cassa integrazione, sono parte della crisi di sovrapproduzione del capitalismo mondiale che investe tutti i settori produttivi.
In Italia, in Europa, nel mondo le fabbriche chiudono e licenziano, o interrompono la produzione ricorrendo, dove vi sono, agli ammortizzatori sociali.
Questa crisi in cui sprofonda il capitalismo non ha soluzione al suo interno.
Continuerà ad aggravarsi in una spirale dalle conseguenze sempre più drammatiche.
Non solo non si torneranno a produrre tante navi, auto, e ogni altro genere di merci come ai livelli precedenti, ma la borghesia cercherà di farlo con meno operai e per meno salario.
Affrontare questa situazione con una miriade di vertenze aziendali, separate fra loro, per i lavoratori è una via suicida. È necessario invece unire le singole lotte in un movimento generale di tutta la classe lavoratrice. Questo sarebbe il compito primario di un vero sindacato di classe .
A questo scopo lo sciopero del 21 ottobre di FINCANTIERI e del gruppo FIAT insieme è un fatto positivo. Ma non è sufficiente. Ciò che occorre è impostare le lotte per obiettivi che uniscano veramente, al di sopra della fabbrica, azienda, categoria.
Di fronte alla crisi la lotta per difendere “il posto di lavoro” è sempre più inadeguata . Infatti:
– Nell'ambito ristretto del cantiere e della fabbrica la lotta per scongiurare il licenziamento o la cassa integrazione può servire a guadagnare un po' di tempo, a rimandare di qualche mese la chiusura; ma si permette intanto al padronato di alimentare la concorrenza tra cantiere e cantiere, tra fabbrica e fabbrica, addirittura tra un lavoratore e l'altro;
– Mentre la minaccia del licenziamento e la disoccupazione accomunano sempre più tutta la classe operaia, restano a difendere il “posto” un numero ristretto ai dipendenti di una singola azienda, la “loro”, invece di divenire la base per una molto più forte lotta comune;
– Se alcune aziende sopravvivono, colpendo duramente i loro operai, molte altre non reggono alla recessione e chiudono. Cosa dovrebbero fare quei lavoratori per rivendicare “un lavoro”, offrirlo gratis?
– Lottare “per il lavoro” , o per il “blocco dei licenziamenti” , conduce gli operai, pur di continuare a lavorare, ad accettare ogni imposizione padronale, tagli al salario, aumenti dei carichi di lavoro, esuberi, come, ultimo esempio, a Monfalcone, con la firma anche della FIOM provinciale e della RSU, e al Muggiano, e prima a Pomigliano ea Mirafiori. Questo peggiora la condizione dei lavoratori ancora in produzione, che accettano di lavorare in meno e più intensamente, e quella dei sempre più numerosi disoccupati, che un lavoro non lo troveranno mai, dividendo e contrapponendo gli uni agli altri;
– Lottare per il “sostegno statale” spinge i lavoratori a richiedere che a ottenere i finanziamenti sia la “propria” azienda, se non il “proprio” stabilimento o cantiere, e non si pensa alle altre.
 Inoltre, fatto ancor più grave, divide i lavoratori delle grandi aziende, che sono una minoranza della classe operaia, da quelli delle piccole e medie, che non possono sperare negli aiuti dello Stato.
Di fronte alla crisi generale del capitalismo, devastante e definitiva, i lavoratori non devono lottare solo contro l'azienda, “per il lavoro”, ma soprattutto e sempre più contro tutta la borghesia, industriale e finanziaria, affinché paghi ai licenziati, attraverso il suo Stato, un salario adeguato a vivere . Sarà un problema dello Stato borghese, e del padronato, decidere se pagare i lavoratori mantenendoli inattivi, o fornire loro un lavoro.
La rivendicazione del salario ai lavoratori licenziati e ai disoccupati unisce tutti i lavoratori : delle grandi aziende e delle medie e piccole, delle ditte in appalto e delle aziende committenti, i lavoratori precari e quelli relativamente più garantiti, gli occupati ei disoccupati.
Ad essa deve essere affiancata la rivendicazione di un salario minimo per tutti i lavoratori , uguale al salario di disoccupazione, e quella della riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario .
Questi sono gli obiettivi sui quali è possibile creare un movimento di tutta la classe operaia . Per imporli i lavoratori devono costruire la loro organizzazione di lotta: un vero Sindacato di classe , fuori e contro tutti i sindacati di regime (CGIL, CISL, UIL) che da decenni sono lo strumento indispensabile della borghesia per mantenere divisa e sconfiggere la classe lavoratrice.
Questa crisi per il capitalismo è mortale. Al di sopra di tutte le illusioni si sta dimostrando che la borghesia, pur di mantenere il proprio dominio ei propri privilegi, è pronta a sacrificare la grande maggioranza dell'umanità.
Solo la classe operaia ha in sé la forza e il germe della società futura. Se il capitalismo muore i lavoratori invece vivranno, in una società libera dal Capitale .
Lottare per il salario ai lavoratori di cui il Capitale vuole disfarsi, per esso ormai merci inutili , significa già oggi unire la lotta per le necessità immediate di ogni lavoratore alla lotta per la società di domani, senza classi e senza lavoro salariato.