LA GERMANIA IN FUGA DALL'EURO

Aldo Giannuli - 30 Novembre 2011

I tedeschi hanno dato segnali chiari: non gli interessa salvare l'Euro. Nel 2012 la recessione colpirà tutta l'Europa e probabilmente anche gli Usa. Si riaccenderà lo scontro tra Cina e Stati Uniti. Il governo Monti? Sta dando prova di incapacità. E rischiamo figuraccedi  

LA GERMANIA IN FUGA DALL'EURO 


Aldo Giannuli L'Ocse ha detto che nel 2012 l'Italia entrerà in recessione. Lei ha tratteggiato uno scenario preoccupante, per l'anno venturo, in un recente libro "2012: la grande crisi" (Ponte alle Grazie, 2010). Quali elementi verranno ad intrecciarsi e cosa succederà?

"La recessione probabilmente non sarà un fatto solo italiano, ma con larga probabilità sarà estesa a buona parte dell'Europa, e, non sarei meravigliato se anche gli Stati Uniti venissero coinvolti.
In secondo luogo, è probabile che ci sarà una nuova crisi di borsa negli Stati Uniti e non si capisce bene questa volta come faranno a farvi fronte, perché una nuova immissione di liquidità richiederebbe un innalzamento del debito e sotto elezioni non so davvero come potrebbero risolverla.
Infine, è possibile che assisteremo a uno sgonfiamento della bolla immobiliare in Cina e non dico a un crack o a una recessione in Cina, ma sicuramente a problemi molto seri dell'economia cinese. Quindi speranze di aiuti da quelle parti non mi pare che ne verranno.
Questi sono i tre elementi a termine più vicini, c'è poi il rischio che salti in aria l'Euro: rischio molto concreto."

Cosa succederebbe se questo "rischio" si avverasse?

"Beh, intanto noi saremmo nei pasticci molto seri, e non so se si tornerebbe alle monete nazionali o se, magari, si farebbero due Euro (uno forte e uno debole), è tutto da vedere anche rispetto alle modalità e al momento in cui ciò dovesse accadere. E molto probabilmente se l'Euro dovesse saltare questo innescherebbe una guerra valutaria molto forte, ci sarebbe una perturbazione inevitabile e violenta dei mercati monetari a livello mondiale. Quindi si riaccenderebbe in modo frontale lo scontro tra Cina e Stati Uniti per quanto riguarda le monete. Questi sono i primissimi effetti, poi ce ne sarebbero tanti altri su cui potremmo parlare molto a lungo."

In una recente analisi, Lei parlava di una possibile uscita della Germania dall'euro. Perché?

"La Germania sta dando segni abbastanza chiari di non essere interessata a salvare l'Euro così com'è, dopodiché la via d'uscita diciamo "europeista" sarebbe quella di trasformare la Bce in una sorta di Fed, dotarla di poteri di intervento molto più radicali e come prestatore di ultima istanza, unificare le politiche fiscali etc.. Ora, a prescindere dall'efficacia di questa manovra nel lungo periodo, cosa che io invece ritengo scarsamente credibile, c'è da chiedersi anche se sia auspicabile sul piano per esempio dell'aspetto democratico. Tuttavia credo che sia più facile a dirsi che a farsi una manovra del genere. Nel complesso, se dovesse proseguire la pressione sui mercati internazionali, sui titoli europei, la soluzione più probabile non sarebbe quella della riforma della Bce, ma di prevedere una qualche forma di separazione dell'Euro. E qui ci sono varie soluzioni."

Come si sta muovendo secondo Lei il governo Monti? Si parla di una nuova manovra da 20 miliardi di cui nessuno conosce i contenuti...

"Veramente mi sembra che il governo Monti non si stia muovendo e stia avendo una lentezza assolutamente al di fuori di ogni prevedibilità. Abbiamo fatto un governo a tamburo battente con una prassi costituzionalmente inventata, che non esiste, perché bisognava fare presto, dopodiché questo ci ha messo dieci giorni per fare i sottosegretari, che è una cosa che di solito si faceva prima del voto di fiducia, poi è andato a parlare della manovra con i capi di stato stranieri prima di presentarla al Parlamento italiano, che è una cosa ancora più divertente perché se poi il Parlamento gliela boccia abbiamo fatto una figura da cani a livello internazionale. Io sono felice del fatto che non ci sia più il cavalier Berlusconi a Palazzo Chigi, ma obiettivamente una tale prova di inefficienza da parte di Monti, nel quale pure non riponevo molte illusioni, francamente non me la aspettavo. Sono sorpreso nonostante fossi pessimista.

G8: PESTAGGIO ALLA DIAZ, ASSOLTO DE GENNARO




La Cassazione ha assolto "perché il fatto non sussiste" l'ex capo della Polizia e l'ex capo della Digos di Genova. In Appello erano stati condannati entrambi


 La Cassazione ha assolto "perché il fatto non sussiste" l'ex capo della Polizia Gianni De Gennaro e l'ex capo della Digos di Genova Spartaco Mortola. In particolare, la sesta sezione penale ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte d'Appello di Genova del 17 giugno 2010 che, in riforma totale della sentenza di primo grado, aveva condannato De Gennaro a un anno e quattro mesi di reclusione e Mortola a un anno e due mesi per aver istigato alla falsa testimonianza l'ex questore di Genova Francesco Colucci durante il processo per l'irruzione della polizia nella scuola Diaz al G8 del luglio 2001.

In questo modo la sesta sezione penale presieduta da Adolfo Di Virginio, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, ha definitivamente assolto De Gennaro, attualmente direttore del Dis e Mortola che nel frattempo è diventato questore ed è capo della Polizia ferroviaria a Torino. L'assoluzione ai due era già stata accordata dal gip del Tribunale di Genova il 7 ottobre 2009 perché "non c'erano prove sufficienti di colpevolezza".
Soddisfatto De Gennaro: "La Cassazione - ha dichiarato - ha finalmente ristabilito la verità confermando quanto avevano già stabilito i giudici in primo grado che mi avevano assolto". Un sospiro di sollievo che De Gennaro, oggi ai vertici dei Servizi segreti, ha pronunciato davanti al suo legale Franco Coppi. Che, interpellato dall'Adnkronos, si dichiara soddisfatto.

"Non avevamo mai dubitato della sentenza assolutoria pronunciata in primo grado. Un giudizio che non era stato condiviso dai giudici d'appello che avevano fatto una rilettura polemica della sentenza non condivisa oggi dalla Cassazione". Al di là della soddisfazione, il legale di De Gennaro sottolinea anche la dimensione limitata del processo. "Anche se si ragionava nell'ambito di una vicenda che ha avuto esiti drammatici - rileva Coppi - la causa in questione era in realtà molto banale perché doveva soltanto discutere di un ordine impartito ad un addetto stampa. Finalmente la Cassazione ha ripristinato la verità".

Euro: ma cosa ha in mente la Merkel?

Come si sa, la Merkel ha ordinato ai suoi consulenti di studiare i termini di una revisione dei trattati istitutivi della Ue che consenta ad un singolo paese che lo voglia, di uscire dall’Eurozona, tornando alla moneta nazionale, senza per questo dover uscire dalla Ue. Tutti hanno interpretato il passo come un avvio del processo di “riduzione dell’Eurozona”, cioè l’uscita “volontaria” –forse definitiva, forse temporanea- dei paesi più deboli e la nascita dell’Europa a due velocità. Il punto di approdo sarebbe uno sdoppiamento per cui ci sarebbe un club di 9 paesi “fondatori” dell’Euro che continuerebbero ad avere la moneta unica e gli altri 18 paesi della Ue con moneta propria (CdS 11.11.11 p. 18).
Ma, a quanto pare, i primi studi hanno segnalato che l’operazione potrebbe avere costi da capogiro: circa il 50% del Pil della Ue, con un milione di disoccupati in più nella sola Germania. Per di più, visto che la Francia sta subendo un attacco della speculazione internazionale, ha un deficit di bilancio oltre il 5% per tutti i tre anni prossimi (il doppio dell’Italia e cinque volte della Germania) e il Belgio ha un debito pubblico record,  il club potrebbe risultare ancora più ristretto. Dunque: neanche a parlarne.
Solo che la mossa della Merkel potrebbe non essere questa ma il suo opposto: la persistenza dell’Euro come moneta comune e l’uscita della sola Germania che tornerebbe al marco.
E’ da dimostrare che questa mossa possa costare meno, ma il piano potrebbe avere una sua suggestività: i paesi che restano nell’Euro continuerebbero ad avere una moneta certamente indebolita, ma ancora in grado di spalmare le tensioni speculative su un’area abbastanza vasta, la Germania potrebbe studiare sia una qualche forma di raccordo fra marco ed euro e fare il passaggio con qualche gradualità. La cosa potrebbe avere diversi vantaggi: svincolerebbe la Germania dall’obbligo di difendere la moneta sbarcando il peso dell’operazione essenzialmente su francesi ed olandesi (se questi ultimi avranno voglia di restare nell’area Euro), ma senza per questo imporre alla Germania l’uscita dalla Ue. Inoltre i vantaggi che la Merkel si riproporrebbe, se questo fosse il suo disegno, sarebbero essenzialmente elettorali: non è un mistero che i tedeschi non abbiano mai amato la moneta unica, immaginando di essere dei poveri cirenei che reggono sulle proprie spalle la croce dei paesi fannulloni come Grecia, Spagna, Italia ecc. Questa potrebbe essere  una mossa tale da invertire il trend elettorale sfavorevole.
C’è, però, un problema molto serio da risolvere: la moneta tedesca sarebbe fortissima ed, al contrario, quella (quelle) del resto d’Europa sarebbe debolissima; anche nei confronti del dollaro, il neo marco (o comunque si chiami) si apprezzerebbe considerevolmente. Di conseguenza, i due principali mercati di sbocco della manifattura tedesca non sarebbero più in grado di assorbire l’attuale flusso di merci. Dunque, occorrerebbe trovare sbocchi alternativi o meccanismi di manipolazione della moneta che limitino il crollo delle esportazioni.
E la soluzione naturale è verso est. La Russia di Putin si trova in un momento particolare: è ricchissima di commodities (gas e petrolio in primo luogo, ma anche oro, terre rare, minerali non ferrosi ecc.) ma ha un sistema industriale disastrato, una rete di trasporti ed infrastrutture non all’altezza dello sviluppo cui la Russia ambisce, ha un forte ritardo tecnologico, al punto di non essere neppure in grado di sfruttare tutte le sue risorse (come le terre rare). La Germania ha una tecnologia molto avanzata, notevoli riserve finanziarie, ottime e riconosciutissime capacità organizzative: tutto quello che serve ai russi per fare un balzo avanti. In cambio i tedeschi potrebbero ottenere immense quantità di materie prime a prezzi bassissimi e crearsi un mercato di sbocco molto consistente per compensare, almeno in parte, le difficoltà sui mercati euro-americani.
D’altra parte, la moneta forte offre anche vantaggi (l’acquisto a prezzi favorevoli di materie prime, servizi e tecnologie sul mercato internazionale) e l’espansione nei mercati est europei potrebbe offrire i margini per politiche di dumping idonee a sostenere le esportazioni sui tradizionali mercati  di sbocco.
Certo: è solo una ipotesi, che comporta rischi (e non pochi o minori) ed esige una parziale riconversione produttiva in base ai nuovi sbocchi, però non è irragionevole pensare che sia fra le possibili scelte considerate in queste settimane dal mondo politico, industriale e finanziario tedesco.
Naturalmente, se tutto questo dovesse accadere davvero, le ripercussioni non sarebbero solo economiche ma soprattutto politiche.
In primo luogo sarebbe la fine dell’asse franco tedesco e, con esso, del progetto di Unità Europea. La Ue potrebbe sopravvivere ma come perfetto esempio di ente inutile.
La seconda conseguenza sarebbe il ritorno di “sfere di influenza” tedesca e russa nell’Europa dell’Est: la Russia avrebbe la possibilità di portare a compimento il disegno strategico putiniano di una grande federazione russa con la Bielorussia, le province russofone dell’Ucraina e forse la Moldavia; la Germania assimilerebbe nel suo “cortile di casa” Repubblica Ceca, Slovacchia, repubbliche baltiche, forse Ungheria, oltre che Austria e Slovenia. Al centro ci sarebbe l’incomoda presenza della Polonia (protettrice naturale della Galizia e delle province ucraine già appartenenti all’impero austroungarico) e sarebbe il problema di sempre, ma sarebbe un particolare di cui occuparsi in altro momento.
La Germania acquisterebbe per la prima volta un rilievo politico autonomo –senza la finzione della Ue che, poi, non ha mai funzionato davvero- e potrebbe pensare ad una espansione delle sue relazioni internazionali verso l’Asia (ad esempio l’Indonesia e la Corea del Sud). La Russia conquisterebbe una  centralità strategica fra l’asse con Berlino da un lato e quello con Pechino dall’altro.
C’è da capire quali potrebbero essere le reazioni americane a questo ridisegno della mappa geopolitica mondiale.

Il nuovo governo del fronte nero del capitale, dei partiti borghesi e della UE

 mentre in Italia i pseudo comunisti elemosinano gli avanzi e chiedono di sedersi al tavolo per la spartizione, in grecia il KKE il più forte partito comunista dell'occidente attacca le ricette dell'europa e propone una politica alternativa. "In Italia come in Grecia"

Conferenza stampa della SG del CC del KKE Aleka Papariga sugli sviluppi politici.

Il nuovo governo del fronte nero del capitale, dei partiti borghesi e della UE


08/11/2011

Il 7 novembre, Aleka Papariga, Segretaria Generale del Comitato Centrale del KKE, ha tenuto una conferenza stampa riguardo la formazione del nuovo governo da parte dei due partiti borghesi del paese, il socialdemocratico PASOK e la destra di Nuova Democrazia, con il sostegno del partito nazionalista LAOS. Aleka Papariga ha invitato la classe operaia e gli strati popolari ad abbattere con la loro lotta questo governo il più rapidamente possibile. Ha sottolineato che è necessario un fronte popolare-sociale per rovesciare il potere dei monopoli, per la loro socializzazione, per il disimpegno della Grecia dall'UE e dalla NATO e per la cancellazione del debito.

Nel seguito il testo completo della dichiarazione introduttiva del SG del CC del KKE alla conferenza stampa:

"Si sta formando un governo del fronte nero dei partiti del capitale, del capitale stesso, con l'UE nel ruolo di gran maestro. Il suo scopo è quello di imporre, nelle condizioni di crisi e competizione, gli interessi del capitale greco ed europeo, superando gli attriti all'interno dell'Unione e rendendo il popolo subalterno. Apparentemente l'Unione europea ha esercitato pressioni su ND e PASOK per formare questo governo. In realtà la pressione è sul popolo. Affermiamo con certezza che questo governo non può far fronte al debito, al deficit o alla profondità della crisi e nemmeno alla possibilità di un default incontrollato.

Evitare una bancarotta incontrollata nei prossimi mesi e anni non dipende dalle alchimie di gestione politica che i vari governi borghesi adotteranno, né dipenderà dalla formazione di un governo di coalizione piuttosto che di un governo di maggioranza. La questione di un governo di ampie intese, ribadiamo, è collegata principalmente all'obbedienza e alla sottomissione del popolo, perché il problema della crisi è grave, riguarda il sistema capitalista stesso e non la sua gestione.

Il popolo deve sapere che tutto ciò che ha vissuto finora, sarà ripetuto in futuro. Per cominciare adotteranno misure antioperaie e antipopolari, la rata sarà pagata e anzi iniziamo ora a pagare un nuovo ciclo di rate con il nuovo memorandum. Non crediamo affatto che l'iniziativa di Papandreou di indire un referendum attorno alla scelta "Euro o Dracma" sia stata la determinante che ha portato alla formazione del governo di coalizione. Era in preparazione da lungo tempo e il referendum ha fornito il pretesto.

Il capitale nel nostro paese e nell'UE voleva imporre un governo forte e dinamico. E in effetti a ben vedere, si è superato ciò che è accaduto in Portogallo, dove l'opposizione prima delle elezioni aveva dichiarato un pieno sostegno. Questo non è apparso sufficiente. ND ufficialmente all'opposizione avrebbe votato contro le misure, certo per ragioni di opportunità e non per motivi strategici, pur dichiarando che avrebbe onorato gli impegni del precedente governo. Il capitale voleva un governo di ampie alleanze.

Una parte significativa del popolo, e stranamente anche i politici, si sentono umiliati dagli interventi dell'UE e dalle dichiarazioni di Merkel e Sarkozy. Che sia chiaro: se il popolo vuole smettere di sentire questa umiliazione, destinata a acuirsi se la situazione non cambia negli anni a venire, se vogliono liberarsi da questa umiliazione devono, prima di tutto, liberarsi del potere dei monopoli nel nostro paese e disimpegnarsi dall'UE. In caso contrario, l'umiliazione continuerà ad esistere e ribadiamo che le cose peggioreranno.

Il Patriottismo moderno per noi si concretizza nella socializzazione dei monopoli, nel potere della classe operaia-popolare, nel disimpegno dalla UE, che nelle condizioni attuali comporta anche la cancellazione unilaterale del debito.

Questo governo non sarà per un paio di settimane. Hanno intenzione di trascinarla il più a lungo possibile. Ma anche se si trattasse di un paio di settimane, adotteranno misure che si ripercuoteranno sul tenore di vita e i diritti delle persone per almeno 10 o 15 anni a venire.

Già il FMI parla di un governo di due anni. Invitiamo la classe operaia e gli strati popolari ad abbattere questo governo con la loro lotta nel più breve tempo possibile, a rendergli la vita difficile, a utilizzare tutte le difficoltà della nuova coalizione (vecchia nella sostanza, ma nuova in termini di composizione) per abbreviare la sua permanenza per quanto possibile e si impongano nuove elezioni. Naturalmente è necessaria una lotta senza precedenti e soprattutto che i lavoratori e gli strati popolari che ancora credono nel PASOK e in ND non abbiano più alcuna illusione o speranza che questa coalizione porti a qualcosa di buono. Questa alleanza si è compiuta per realizzare provvedimenti anche peggiori di quelli che abbiamo sperimentato. Il popolo ha un'arma in più oggi: alla giustezza della sua causa e all'esperienza acquisita nel passato, si aggiunge il fatto che l'Europa sta affrontando gravi difficoltà. I governi della UE non possono gestire la crisi, il sistema politico in Grecia è in tumulto: per queste ragioni sono stati costretti a ricorrere a un governo di larghe intese mentre speravano di mantenere in vita il regime di alternanza dei due partiti di governo.

Il popolo non deve temere per la debolezza del sistema borghese, per le sue ansie e i suoi dilemmi. Il debito, il deficit, il memorandum, i programmi di medio termine, sono preoccupazioni della classe dominante del nostro paese e dei partiti che la servono e il popolo non se ne deve preoccupare.

Il popolo deve occuparsi di una sola cosa: come prevenire e rovesciare le misure, come creare le condizioni per uscire vittorioso.

Il popolo greco viene minacciato di esser espulso dalla zona euro. Il popolo deve ritorcere questa minaccia, sollevare la testa e dire: d'ora in avanti disimpegno dall'Unione europea, si procede con la nostra decisione, con le nostre forze, con il nostro progetto.

Non è impossibile, anzi è probabile che nei prossimi anni l'UE non appaia come oggi. Alcuni Paesi potrebbero essere espulsi dalla zona euro, dall'Unione europea, l'UE potrebbe dividersi e qualcosa d'altro potrebbe apparire al suo posto. Di recente vi è stato un dibattito attorno alla trasformazione dell'UE in un'organizzazione come quella degli Stati Uniti. Pensano di poter abolire l'organizzazione dello stato nazione attraverso decisioni politiche. La ragione è che questo è un modo per soggiogare il popolo, per reprimere la sua militanza; in secondo luogo, è anche un modo per garantire una migliore competizione tra i monopoli. Né questo piano può evitare le crisi del sistema capitalista, le rivalità e le divisioni.

Colgo l'occasione per rispondere ai media che ripetono che la signora Papariga ha sostenuto che un ritorno alla Dracma implica speculazioni da parte di alcuni. Per quanto riguarda specificamente la questione Euro o Dracma la nostra risposta è che ci sono sezioni del capitale, non solo in Grecia ma in altri paesi, interessati a una permanenza della Grecia nell'UE ma uscire dalla zona euro perché la loro posizione economica nel sistema è di carattere speculativo. Tuttavia la nostra risposta è: disimpegno, in quanto non ci schieriamo né con gli speculatori dell'euro e né con gli speculatori della dracma. Riteniamo che gli interessi del popolo non possano essere soddisfatti da un generico fronte "anti-memorandum", per quanto definito progressista, patriottico o di sinistra. ND si diceva fino a ieri con le forze anti-memorandum. Avete visto come è andata. Naturalmente quella di ND è una scelta consapevole e non costituisce un cambio di schieramento. Qual è il significato di un fronte contro il memorandum, di sinistra o progressista?

Il fronte di cui abbiamo bisogno oggi non può essere semplicemente un fronte "anti". Deve invece esplicitare la direzione dove andare, è in questo modo che si determina il suo carattere antitetico. Quindi stiamo parlando di un fronte sociale popolare per il rovesciamento del potere dei monopoli, per la loro socializzazione, per il controllo operaio-popolare, per il disimpegno della Grecia dall'UE e dalla NATO e, naturalmente, con l'implicita cancellazione del debito. Noi rifiutiamo una politica antioperaia con l'euro o con la dracma.

Da questa prospettiva qualsiasi generico fronte contro il memorandum non solo è temporaneo - si dividerà presto o tardi - ma costituisce uno dei bastioni per proteggere la classe borghese. Certo la classe borghese vuole un fronte reazionario-conservatore ma allo stesso tempo può utilizzare un fronte di lotta per tutelarsi, perché chi combatte nel quadro della UE in termini di negoziazione e cambiamenti nella formula politica non costituisce una minaccia per il sistema. L'azione comune con il KKE costituisce uno dei presupposti irrinunciabili, non abbiamo la pretesa che sia l'unico ma lo giudichiamo essenziale, perché questo fronte sociale - che esiste in embrione - si formi e passi al contrattacco.

Crediamo anche che nuovi fronti di lotta debbano svilupparsi immediatamente, domani mattina se è possibile, con piattaforme aggiornate sulla base dei sette punti del governo. Sorgono nuove specifiche rivendicazioni, senza entrare nel dettaglio: i tagli dei fondi di previdenza sociale; i contratti collettivi di settore; i tagli del prossimo bilancio che ridurranno ulteriormente la spesa e non so se lasceranno qualcosa per istruzione, sanità, welfare, asili nido, assistenza per anziani, per i bisognosi, per i problemi specifici delle donne e dei giovani; disoccupazione, lavoro di riserva; la cosiddetta liberalizzazione delle professioni. Cito alcuni esempi che non sono un'esaustiva piattaforma di rivendicazione. Inoltre, i fronti di lotta si formano dall'iniziativa popolare nei quartieri, nelle fabbriche. Questi fronti di lotta devono mirare a impedire le misure, a prevenirle, al rovesciamento del governo. Elezioni.

E naturalmente dopo le elezioni il popolo deve cercare di creare le condizioni per un forte contrattacco. Da non dimenticare le altre questioni esistenti: i diritti sovrani nel Mar Egeo, il Tribunale dell'Aja che deciderà in merito al nome di FYROM (non è il nome in se stesso che ci preoccupa ma le altre questioni legate alla definizione dei confini), la Costituzione ecc. Questi sviluppi sono in corso oggi e il popolo non può aspettare le dichiarazioni programmatiche del governo. A dire il vero le dichiarazioni programmatiche del governo sono ben note. Gli sviluppi saranno peggiori che nel passato. Di conseguenza abbiamo bisogno di lottare immediatamente utilizzando tutte le forme di lotta - scioperi, manifestazioni, comitati e alleanza sociale a livello di base. Non deve esserci una fabbrica o un quartiere senza un centro di azione e di lotta e tutti devono unirsi in un torrente in piena per il rovesciamento del potere dei monopoli. Non esiste una soluzione alternativa oggi".

IL mandato del Prof.Mario Monti

L'area liberal e della cosidetta "sinistra non comunista" (pd,sel,idv,verdi) si compiace di rintracciare una causa parlamentare italiana alla caduta di Berlusconi ,alle sue repentine dimissioni da Capo del Governo che fino a martedì scorso sembrava dovessero avvenire tra un mese .
Tutto è stato anticipato. I tempi sono stati compressi al minimo.

Tra venerdì e domenica si compie l’approvazione della legge di stabilità, le dimissioni e le consultazioni-farsa e la nomina di un nuovo governo. Stasera Monti sarà incaricato. Corriamo come se qualcuno con un lanciafiamme ci sospingesse da dietro minacciandoci di incenerirci.

In effetti l'appuntamento è per lunedì con il nostro Convitato di Pietra: il Mercato-Moloch. Lunedì dobbiamo presentare il governo del signor Monti non all'Italia (che non conta niente) ma a a lui, al Dio Mercato che ha il potere di vita e di morte, può decidere se farci vivere o morire.

Mi sono domandato perchè mai Eugenio Scalfari, Rosy Bindi, Susanna Camusso, la Di Gregorio , Pierluigi Bersani e tutti gli altri avessero tanto interesse ad accreditare l'idea di una causa "interna", italiana, alla caduta del governo trovando stupefacente che negassero quanti viene affermato dai giornali di tutto il mondo. Questi affermano che Berlusconi è stato fatto fuori dai "mercati".

 Le sue ultime resistenze sono state vinte con un paio di strattoni dati alle azioni Mediaset. il "mercato" gli ha fatto capire con la sua naturale brutalità che doveva sloggiare subito da Palazzo Chigi se non voleva che il suo Impero personale e non solo il suo governo fosse travolto dal Toro imbizzarrito della Borsa.

 La risposta che mi sono data è che la candidatura di Mario Monti non è stata fatta in corso d'opera da Napolitano ma "suggerita" dagli americani che l'avrebbero decisa già prima della fine di luglio quando è iniziata la danza macabra dello spread salito da 160 punti ai seicento dei giorni scorsi. Lo spread è stata la leva di Archimede.

Monti, Papademos e Avril, tre eminenti tecnocrati liberisti, sperimentati, sono stati proposti per l'Italia, la Grecia e la Libia al posto di Berlusconi, Papandreu e Gheddafi.

Quest'ultimo è stato abbattuto a cannonate, Papandreu, definito "pazzo e depresso" da Sarcozy è stato minacciato di morte se, dopo essere stato costretto a ritirare il referendum non si fosse dimesso.

Berlusconi ha dovuto rinunziare alle elezioni anticipate cosa che gli ha procurato la rottura con il suo fedelissimo alleato di sempre Bossi. Mai e poi mai Berlusconi avrebbe rotto con Bossi se le minacce che gli sono state fatte non fossero stato tanto gravi!

A quanto pare il gruppo dirigente del PD diventato il referente dell'Ambasciata USA a Roma, collabora alla realizzazione del piano di defenestrazione di Berlusconi e da qualche tempo.

La CGIL è stata usata per agganciare la Confindustria e spingerla contro il governo al quale non aveva certamente niente da rimproverare nonostante gli strilli della Marcegaglia. Il suo grido "vogliamo soldi, soldi veri" è stato diverse volte ascoltato da Berlusconi.

Semmai le vittime del governo sono state le nuove generazioni, i pensionati, i lavoratori, il welfare.
 La CGIL non ha mai fatto uno sciopero vero negli ultimi tempi che urtasse gli interessi degli industriali.
Il documento a firma Confindustria, Cgil Cisl ed Uil rappresenta il capolavoro diplomatico di questa opera che ha portato gli industriali a raffreddarsi e poi a posare il governo Berlusconi.

Obama si è congratulato con l’Italia ancora prima che Monti fosse formalmente incaricato di formare un nuovo gioverno. E’ il timbro che l’Impero appone all’operazione “ Italia” per nostra fortuna incruenta.

Resta da scoprire la parte fondamentale di tutta la vicenda. Con quale mandato Mario Monti è stato scelto per commissariare l’Italia? Che cosa dovrà fare?

Non credo che la posta in gioco sia costituita dalla messa in sicurezza del debito italiano per ridare sicurezza all’euro.

Ci deve essere qualcosa di molto molto più importante che riguarda la ristrutturazione dell’Occidente in cui Italia, Grecia, Spagna debbono giocare un ruolo profondamente diverso di quello che finora avevano avuto .
Quale è il reale mandato del Prof.Mario Monti? Che ne sarà dell'Italia?

Bloccare e rovesciare le politiche che massacrano il popolo

La crisi finanziaria ed economica affonda l’Italia, e  le politiche anti-democratiche che la Germania, la Francia e altri paesi stanno disperatamente cercando di applicare per soddisfare la "dittatura dei mercati".


Economisti indipendenti che hanno a cuore la crescita di un popolo e non il capitale,  hanno detto che queste politiche di austerità e la privatizzazione dei beni e servizi pubblici non hanno alcuna presa, perché invece di risolvere il problema del debito lo peggiorano, causando la recessione o la stagnazione economica che durerà un decennio o due e si tradurrà inevitabilmente in un aumento del debito e una diminuzione dei diritti.

In Grecia il piano di Papandreou di un referendum è stato un riconoscimento tardivo, un tentativo democratico di correggere il volto di umiliazioni ripetute che s’impone ai paesi, per far valere la sovranità contro il FMI e la Germania .

Il KKE “partito Comunista Greco” artefice delle lotte annuncia “La lotta non è solo della Grecia,  auspichiamo un’Europa, libera, indipendente e democratica", aggiungendo che "la soluzione è quella di sostituire l'attuale modello economico europeo, progettato per generare debiti, e rilanciando  una politica di stimolo della domanda e dello sviluppo, il protezionismo dei paesi e  un drastico controllo della finanza.

Ma il  "referendum" è una "brutta parola nei corridoi di Bruxelles, perché evoca il timore che le  élite si sentono quando le persone entrano momentaneamente sulla scena politica".

La cupola della zona euro e le principali piazze finanziarie sono contro qualsiasi domanda referendum o messa in discussione - come è accaduto in passato.

Ma la cupola della zona euro e i governi nazionali non possono ignorare, che una percentuale crescente della popolazione può trovare interessante l'idea del referendum.

Ora non dobbiamo permettere alle banche di distruggere la democrazia europea, per cogliere le ingenti somme che hanno generato sotto forma di debito ".

Se si permette ora il sacrificio della società italiana, greca, irlandese, portoghese e spagnolo sull'altare del debito sarà la  rovina sociale dell’Europa.

BISOGNA bloccare e rovesciare le politiche che ci condurranno, con i nostri figli, a vivere per decenni nella miseria più cupa, con salari da fame, disoccupazione, precarietà, senza diritti fondamentali, tutto allo scopo di proteggere i profitti e gli interessi dei gruppi affaristici dalla loro crisi e che condannano lo Stato alla bancarotta a loro necessaria.

Resistete al totalitarismo di mercato che minacciano di smantellare e trasformare l'Europa in un Terzo Mondo, che solleva i popoli europei uno contro l'altro, che distrugge il nostro continente per aumentare il ritorno al fascismo.

 Ora serve l'emancipazione popolare, il risveglio e l'organizzazione contro i nostri comuni e implacabili nemici: la plutocrazia al governo, i suoi altri partiti e i loro alleati internazionali, l'UE e il FMI. L'organizzazione popolare, il contrattacco e le forme di lotta devono corrispondere alla ferocia della spietata offensiva del capitale.

Per impedire le barbariche misure e per un imminente rovesciamento e la vittoria popolare, deve essere sollevato ora un forte movimento dei lavoratori e popolare in ogni posto di lavoro, settore e quartiere, un fronte popolare che ponga le seguenti questioni qui e ora:
  • La fine dei sacrifici per la crisi e i profitti della plutocrazia.
  • Il ritiro del governo e dei partiti che sacrificano il popolo per salvare il capitale e l'Unione europea.
  • Il soddisfacimento dei diritti attuali dei lavoratori e del popolo.
 La classe lavoratrice e il popolo devono possedere la ricchezza che producono, con il potere popolare, il ritiro dall'Unione europea e la cancellazione del debito.

Nessun governo deve essere accettato ora. Il suo obiettivo è quello di applicare gli ordini dei mercati, elezioni subito.
In questo momento, nulla dovrebbe impedire il risveglio delle coscienze, lo sviluppo impetuoso del movimento del lavoro e popolare e il conseguente rovesciamento del governo.

Ciò danneggerà seriamente gli altri partiti borghesi di Sx e DX, che concordano con gli obiettivi e l'essenza delle riforme per la perpetuazione del capitale e l'immiserimento del popolo. Attraverso le lotte e le elezioni la loro forza verrà drasticamente ridotta, spezzata l'influenza tra la gente.

Nelle elezioni - perché il popolo consegua dei vantaggi, guadagni tempo e si rafforzi, i partiti desiderosi di promuovere coalizioni di governo per continuare e completare il crimine antipopolare, devono ricevere una sonora sconfitta. I partiti borghesi devono uscire danneggiati e indeboliti, cosicché qualsiasi coalizione sarà incapace di far passare le sue politiche.

Una fondamentale precondizione è che la rabbia della gente e l'indignazione si trasformi in una forza militante organizzata, una forza di cambiamento in alleanza con quei movimenti e partiti che si oppongono a quelle ricette.

 L'esperienza della Grecia deve essere utilizzate dal popolo per trarre conclusioni utili, per capire che è suo interesse indebolire i partiti borghesi e il sistema politico e il movimento popolare organizzato.

 In questo modo il popolo può tener testa e vanificare gli sviluppi reazionari, mettere un freno all'annientamento dei suoi diritti, all'autoritarismo e alla repressione (strumenti utilizzati sempre dal sistema politico borghese per bloccare l'intervento del popolo) ed evitare il coinvolgimento del paese nelle guerre imperialiste.

 La rivendicazione popolare di elezioni immediate deve essere coniugata alla disobbedienza militante, al rifiuto di pagare le nuove micidiali tasse, generalizzando tale comportamento ai campi dell'istruzione, della salute, della sicurezza sociale, in ogni ambito in cui il governo e lo Stato impongono alle famiglie degli strati popolari di pagare più e più volte per i loro diritti.

 L'alleanza popolare per impedire le riforme e per il contrattacco può costituirsi con la partecipazione e l'attivismo dei lavoratori e dei giovani dal basso, allontanando quella dirigenza politica e sindacale ostile e bancarottiera che alimenta il compromesso e il fatalismo o le illusioni che il popolo possa essere salvato senza conflitto e senza lo scontro con i gruppi affaristici, i loro partiti, l'Unione europea.

 La classe lavoratrice e gli strati popolari devono qui e ora liberarsi dai costrutti ideologici e reazionari della borghesia, dalle vecchie e nuove illusioni promosse dai partiti opportunisti provenienti dagli strati medio alti e dalla svenduta aristocrazia operaia, ossia quelli che sanno che i monopoli non ammetteranno più le concessioni fatte in passato per salvaguardare l'alleanza e il sostegno al sistema capitalista.

Il capitalismo è così obsoleto e reazionario che non può più tollerare le conquiste operaie-popolari, ottenute nei decenni passati. A dispetto dei partiti borghesi e opportunisti l'Unione europea ha dimostrato di essere un'alleanza predatoria, disastrosa non solo per i lavoratori dipendenti e autonomi, ma anche per i ceti medi e la loro capacità produttiva per lo sviluppo del paese.

 Lotte difensive e parziali oggi non sono sufficienti, non possono conseguire le conquiste del passato, né possono garantire una tutela minima contro l'aggressività dei monopoli e del loro potere. Nessun settore, nessuna categoria di lavoratori può salvarsi da sola.

 Il cambiamento del centro-sx non è di questi giorni: i partiti socialdemocratici hanno venduto l'anima al capitale molto tempo fa quando hanno sostenuto il Trattato di Maastricht.

 La classe lavoratrice e gli altri strati popolari poveri non hanno ancora usato la loro grande forza.
 Non hanno ancora detto la loro ultima parola. Se alzano la testa, fiduciosi della loro potenza e della giustezza della loro causa, capiranno che sono una forza immensa che produce la ricchezza, che può diventare una forza di potere e creare un'organizzazione del tutto nuova di società e produzione, dove saranno padroni.

Tommaso Pirozzi
operaio Fiat Pomigliano d’Arco

Licenziare non gli basta, vogliono privatizzare gli ammortizzatori sociali

anteprima dell'articolo originale pubblicato in www.comidad.org

A Berlusconi è bastato pronunciare una frasetta contro l'euro per ritornare trionfalmente sugli altari della destra "antagonista", pronta a considerarlo di nuovo un vendicatore della sovranità nazionale; omettendo con ciò il piccolo dettaglio che proprio l'attuale governo ha favorito ed accettato l'ufficializzazione della tutela del Fondo Monetario Internazionale sull'Italia.
Strano che, sino allo scandalo sessuale che ha travolto Strauss-Kahn, la maggior parte degli Italiani non sapesse neppure dell'esistenza del FMI, mentre oggi se lo ritrova di colpo come padrone assoluto. Anche se Berlusconi dovesse dimettersi (ma molti non ci credono), l'attuale accordo con il FMI non farebbe per niente la fine del trattato di amicizia con la Libia; al contrario, questa tutela del FMI vincolerà anche i prossimi governi italiani.
Che Berlusconi svolga il ruolo di strumento della guerra psicologica del FMI contro l'Italia, è anche dimostrato dalla sua frase demenziale sui ristoranti pieni, che ha ottenuto immediatamente l'effetto di screditare e mettere in ridicolo ogni tentativo di demistificare lo slogan della crisi.
In realtà dovrebbe essere proprio il contenuto della famosa lettera di Trichet a suscitare dei dubbi. Se si è in presenza di una carenza di liquidità, che senso ha la pretesa di Trichet di imporre ulteriori "liberalizzazioni" (privatizzazioni) che i privati non sarebbero in grado di pagare, e che quindi andrebbero a gravare sulla spesa pubblica?
Come si fa poi a coniugare il pareggio di bilancio con la crescita?
Non c'è mai riuscito nessuno in due secoli, ed ora si pretende che ci riesca Berlusconi? Anche le proposte del manifesto di Confindustria non scherzano quanto a coerenza.
In un periodo in cui i titoli di Stato sono a rischio di insolvenza, che senso avrebbe favorire le privatizzazioni dei beni immobili pubblici attraverso le "cartolarizzazioni", cioè l'immissione sul mercato di altri titoli tossici? Tanto più assurdo è che si proponga di vincolare questi nuovi titoli a beni immobili, il cui valore tende oggi a scendere.
E se il valore degli immobili tende a scendere, che senso avrebbe metterne in vendita altri, se non far crollare i prezzi? Ancora più contraddittorio è che questi titoli tossici vadano a fare altra concorrenza ai titoli di Stato già in difficoltà. Si parla di "crescita" e poi si prospetta solo altra economia di carta, altra finanziarizzazione.
Ma gliene frega davvero qualcosa della "crescita"? E ancora: dopo venti anni di esperimenti a riguardo, risulta chiaro che la "flessibilità" non ha mai favorito la crescita del PIL, ma ha solo depresso la domanda interna.
La flessibilità è infatti una delle cause della depressione del mercato immobiliare, dato che nessun precario può pensare a comprarsi la casa. Adesso invece arriva persino la "flexsecurity" a presentarsi come la panacea.
Se qualcuno finora avesse pensato che flexsecurity volesse dire più o meno la sicurezza di essere licenziato, deve però ricredersi.
Parole chiare e inequivocabili arrivano da una delle menti più brillanti del padronato italiano: Alberto Bombassei. Ecco come il vicepresidente di Confindustria chiarisce il pericoloso fraintendimento in una intervista su "la Repubblica".
"Non bisogna cascare nel tranello mediatico" - secondo il quale il governo vorrebbe rendere più facili i licenziamenti. "In realtà - sostiene Bombassei - l'obiettivo è l'opposto: rendere più flessibili le uscite dal lavoro per stimolare le assunzioni. Invece sarebbe semplicemente ridicolo pensare che si possa aumentare l'occupazione rendendo più facili i licenziamenti". Il giornalista, abbagliato da tanta lucidità, replica: "Qual è la differenza?(...)"
"C'è differenza perché nessuno pensa di introdurre la libertà di licenziamento".
Tutti stavano per cascare nel tranello mediatico, solo che all'improvviso qualcuno si è ricordato che in Italia la libertà di licenziare in massa già esiste da venti anni, addirittura dal 1991, grazie alla Legge n. 223 del 1991. In base a questa legge qualsiasi lavoratore può essere posto in qualunque momento in "mobilità" andando a carico della previdenza sociale, che è pagata dagli stessi lavoratori con i contributi INPS e non, come invece sostiene Bombassei, dalle imprese. In questi venti anni le garanzie e le procedure previste dalla Legge 223/91 sono diventate automatismi, per i quali già adesso le imprese possono disfarsi di tutti i lavoratori che desiderano, mettendoli in "mobilità", cioè in cassa integrazione.
Allora cosa vuole ancora Confindustria?
Siamo sicuri che questa associazione "imprenditoriale" persegua davvero obiettivi industriali, e non puramente finanziari? Il problema infatti riguarda proprio i denari della cassa integrazione.
Possibile che tutti questi soldi debbano andare ai lavoratori in "mobilità" senza passare in qualche modo per le sagge mani dei finanzieri?
In un rapporto della multinazionale finanziaria JP Morgan si legge che l'attuale gestione delle indennità di disoccupazione renderebbe i lavoratori più schizzinosi e quindi aumenterebbe la durata della disoccupazione.
Per salvare i lavoratori da questo triste destino, JP Morgan ha pensato bene di entrare nel business delle indennità di disoccupazione. Negli Stati Uniti perciò i lavoratori licenziati non ricevono più l'assegno di disoccupazione direttamente dagli enti locali, ma viene data loro una "card" della stessa JP Morgan.
Insomma, siamo alle grandi manovre per la privatizzazione a tappeto degli ammortizzatori sociali. La "crisi" è diventata l'alibi ufficiale del business della miseria.