Ocalan, "Italia, non mi tradire, io lotto per la libertà"

 


Se avete vissuto con coscienza storica e sociale gli Anni ’90, non potete non aver mai sentito parlare di Abdullah Ocalan, politico, guerrigliero e rivoluzionario turco di nazionalità curda, il cui nome per anni ha occupato le prime pagine dei giornali di tutto il mondo.

La sua era una Turchia non tanto diversa da quella di oggi. Con i suoi problemi sociali e culturali, ma con un piglio sessantottino che coinvolgeva il mondo giovanile e universitario. E’ proprio durante gli studi nella capitale che Ocalan entra in contatto con i movimenti studenteschi.

Nel 1971, dopo il colpo di Stato militare lascia gli studi per arruolarsi nel servizio civile a Diyarbakir, conosciuta in seguito come la “Capitale del Kurdistan Turco”.

E’ qui che, grazie all’influenza della popolazione curda, Ocalan diventa membro della’Associazione Democratica Culturale dell’Est, volta a promuovere i diritti del popolo curdo.

Nel 1978 fonda il PKK, il Partito del lavoratori del Kurdistan (grande nemico politico, ma anche sociale di, Erdogan, presidente della Turchia).

Nel 1984 il PKK iniziò una serie di offensive armate nei confronti delle forze governative e civili in Iraq, Iran e Turchia con la sola intenzione di creare uno stato curdo indipendente, dove affermare la propria identità culturale e nazionale. Gli scontri, che durarono dal 1984 al 2003, portarono alla morte di più di 30mila persone.

Un’attività militare violenta, che gli costò un mandato di cattura internazionale.

All’epoca anche la Germania aveva emesso un mandato di arresto per Abdullah Ocalan: il cancelliere tedesco Gerhard Schröder però non lo notificò mai alla magistratura italiana, per non provocare problemi con la numerosa comunità curda che risiedeva in Germania.

Abdullah Ocalan arrivò in Italia il 12 novembre 1998 accompagnato da Ramon Mantovani, all’epoca deputato di Rifondazione Comunista e responsabile Esteri del partito. Una volta arrivato in Italia, Ocalan si consegnò alla polizia sperando di ottenere in qualche giorno l’asilo politico.

All’epoca in Italia il governo era guidato da Massimo D’Alema, che si era insediato circa un mese prima, dopo la caduta del governo di Romano Prodi.

Già alcuni mesi prima, tra l’altro, Ahmet Yaman, rappresentante del Fronte di liberazione del Kurdistan in Italia, organizzò due conferenze, una alla Camera e una al Senato, per raccogliere le firme di deputati e senatori per invitare in Italia il capo del PKK.

Il governo però non glielo concesse anche per le pressioni ricevute dall’estero, in particolare da Turchia e Stati Uniti, e per non correre il rischio che le aziende italiane venissero boicottate dal governo turco.

Il 16 dicembre 1998 la quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma stabilì che Abdullah Ocalan doveva essere considerato come un cittadino libero, revocando l’obbligo di dimora e il divieto di espatrio che gli era stato imposto il 20 novembre 1998.

La Corte stabilì anche il non luogo a procedere nei confronti dell’estradizione, in riferimento al mandato di cattura emesso dalla Germania.

Sotto l’intervista a Repubblica di allora.

"Italia, non mi tradire,
io lotto per la libertà"

Il governo Italiano coerente con il suo servilismo agli USA, lo tradi, fu rapito dai servizi segreti e condotto in turchia.  

Il governo italiano fu accusato di aver trascurato gli articoli 10 e 26 della Costituzione, che regolano il diritto d’asilo e vietano l’estradizione passiva, escludendola nel caso di reati politici.

Ma oggi, a oltre 20 anni di distanza dal suo arresto, che fine ha fatto Abdullah Ocalan?

Una volta catturato e tornato in Turchia riuscì a scampare alla pena di morte, abolita nel 2002. Da allora, il leader del PKK è recluso in un carcere di massima sicurezza situato a Imrali, un’isola del Mar di Marmara.

Fatto fallire il negoziato di pace voluto da Ocalan, Erdogan (prima da premier e poi da presidente) ha promosso e promuove la dura repressione del sud-est turco a maggioranza curda: prima con un’offensiva militare, nel 2015, brutale come poche altre (mezzo milione di sfollati, migliaia di morti, città rase al suolo), poi con l’arresto di migliaia di membri e sostenitori del partito di sinistra Hdp (tra cui dodici parlamentari).

Oggi Ocalan è chiuso in un carcere di massima sicurezza, peggio del maggior mafioso, e anche se in tanti hanno dimenticato quell’eroico uomo che ha dato la vita per il suo paese e il suo popolo, ma anche se i governi che a parole difendono i diritti dell’uomo, la sx, i post comunisti che hanno aiutato Ocalan, dimenticano, il popolo curdo non dimentica e resiste.

 

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