Papa Francesco e la dittatura argentina

 tatto da Limes pubblicato il 10/04/2013-



Chi, invece, chiama direttamente in causa Bergoglio per i crimini commessi negli anni della dittatura militare è soprattutto un giornalista filo-governativo, scrittore e attivista argentino di nome Horacio Verbitsky. Il cronista, oggi 71enne, ha fatto parte dell’organizzazione armata dei Montoneros, oppositori della giunta militare negli anni Settanta, ma è diventato celebre soprattutto per la sua carriera di giornalista d’inchiesta. Verbitsky sostiene che Jalics, il quale ha 85 anni e vive ritirato in un monastero in Germania, si sia riconciliato non con Bergoglio ma con “quegli eventi, che per me sono un fatto concluso”.

Jalics non nega i fatti, che ha narrato nel suo libro “Esercizi di meditazione” del 1994: “Molta gente che sosteneva politiche di estrema destra non vedeva di buon occhio la nostra presenza nelle baraccopoli. Interpretavano il fatto che vivessimo lì come un appoggio alla guerriglia e si proposero di denunciarci come terroristi. Noi sapevamo da dove soffiava il vento e chi era il responsabile di queste calunnie”. In un altro paragrafo egli aggiunge che quella persona “rese credibile la calunnia valendosi della sua autorità” e “rese testimonianza, dinnanzi agli ufficiali che ci sequestrarono, del fatto che avevamo lavorato sulla scena dell’azione terrorista. Poco prima avevo manifestato a questa persona che stava giocando con la nostra vita”.

In una lettera scritta a Roma nel novembre del 1977 e rivolta all’assistente generale della Compagnia di Gesù, padre Moura, Orlando Yorio ha raccontato la stessa storia, ma sostituendo “una persona” con Jorge Mario Bergoglio. Faceva anche menzione delle critiche che circolavano nella Compagnia di Gesù contro lui e Jalics: “Fare strane preghiere, convivere con donne, eresie, impegno con la guerriglia”. Il primo articolo di Verbitsky risale all’aprile del 1999; lì si sosteneva che il neoarcivescovo di Buenos Aires” a seconda della fonte che si consulti è l’uomo più generoso e intelligente che abbia mai detto messa in Argentina o un machiavellico malfattore che tradì i suoi fratelli per un’insaziabile ambizione di potere. Forse la spiegazione risiede nel fatto che Bergoglio riunisce in sé due aspetti che non sempre vanno insieme: è un conservatore estremo in materie dogmatiche e possiede una manifesta inquietudine sociale. In entrambi gli aspetti assomiglia a chi lo pose alla guida della principale diocesi del paese, il papa Karol Wojtyla”.

È lo stesso concetto espresso giovedì 13 marzo quando la fumata bianca ha annunciato l’esito del conclave. Per Verbitsky, Massera aveva un rapporto diretto con la Guardia de Hierro, il gruppo della destra peronista in cui Bergoglio ha militato in gioventù e a cui Massera ha assegnato un funzionario di controllo a partire dal colpo di Stato, con il proposito di sommarlo alla sua campagna per l’eredità del peronismo.

Il giornalista sostiene che durante un’indagine ha trovato per caso nell’archivio del ministero degli Esteri argentino una cartella con documenti “scottanti” e ha chiesto subito a un notaio di certificarne la collocazione. Il direttore di allora, il ministro Carlos Dellepiane, li ha custoditi nella cassaforte per impedire che fossero rubati o distrutti. Secondo questi scritti nel novembre 1976, Jalics era fuggito in Germania dopo esser stato messo in libertà. Nel 1979 il suo passaporto era scaduto e Bergoglio aveva chiesto alla Cancelleria che fosse rinnovato senza che tornasse in patria. Il direttore del Culto Cattolico della Cancelleria, Anselmo Orcoyen, raccomandò di rifiutare la richiesta “in ragione dei precedenti del richiedente”, che gli furono forniti “dallo stesso padre Bergoglio, firmatario della nota, con speciale raccomandazione affinché non si desse luogo a ciò che sollecitava”. Diceva che Jalics ha avuto conflitti di obbedienza, un’attività dissolvente in congregazioni religiose femminili e che è stato “imprigionato” nell’Esma assieme a Yorio, “sospetto contatto di guerriglieri”.

Quindi, secondo Verbitsky, Bergoglio sarebbe un maestro del doppio gioco. Molto probabilmente in medio stat virtus e di sicuro una nomina papale così audace ha spinto diverse “fazioni” ad amplificare fatti verosimilmente accaduti.

A oggi, però, è opportuno ribadire che non è stato dimostrato alcun coinvolgimento di Bergoglio con i crimini della dittatura argentina. Inoltre, una notizia infondata è circolata subito dopo la nomina del nuovo pontefice e a crederci non sono stati soltanto distratti internauti, ma anche giornalisti di importanti testate nazionali. Il riferimento è alla foto che mostrerebbe Jorge Mario Bergoglio in compagnia del dittatore argentino Jorge Rafael Videla. Risultato? Il porporato insieme a Videla non è Bergoglio!

All’epoca in cui Videla era dittatore argentino, dal 1976 al 1981, l’attuale papa aveva poco più di 40 anni. Basterebbe questo per capire che la persona in compagnia di Videla non è lui. Infatti è un altro uomo di Chiesa: Pio Laghi, ex cardinale e arcivescovo scomparso nel 2009 all’età di 86 anni, nunzio apostolico in Argentina dal 1974 al 1980. Invece, passati soltanto 6 giorni dall’esito del Conclave, ecco che appaiono le prime fotografie di papa Francesco con la “ex” nemica argentina Cristina Kirchner.

Potere della Chiesa! Al contrario, non sono mai mancate immagini che ritraggono il cardinale Bergoglio con uno dei suoi più grandi estimatori, il governatore della Provincia di Buenos Aires, Daniel Scioli. In una recente intervista a Radio Mitre, il governatore sostiene che il nuovo papa ha una personalità “abbagliante” e che lo ammira per la sua saggezza. Inoltre, nonostante sia stato criticato più volte per essersi fatto riprendere insieme al cardinale Bergoglio, Daniel Scioli ammette: ” il porporato mi ha sempre trasmesso la formula delle tre p: pazienza, perseveranza e prudenza”.

Visto che papa Francesco è il pontefice dei primati…non si correrà mica il rischio di associargli anche la quarta p di peronista?

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