FCA Renault - gli scenari dellìaccozzaglia


La notizia della fusione tra FCA e il gruppo Renault-Nissan si presta a una infinità di considerazioni, la maggioranza delle quali purtroppo decisamente tristi
L’ipotesi di ‘matrimonio’ contenuta nella proposta avanzata da Fca, inviata con una lettera non vincolante,

prevede che la società risultante dalla fusione sarà detenuta per il 50% dagli azionisti di Fca e per il 50% dagli azionisti di Groupe Renault, una struttura di governance paritetica e una maggioranza di consiglieri indipendenti. 
La società risultante venderebbe annualmente circa 8,7 milioni di veicoli, sarebbe un leader mondiale nelle tecnologie EV, nei marchi premium, nei Suv, nei pickup e nei veicoli commerciali. 

I benefici derivanti dalla combinazione delle due attività sarebbero condivisi per il 50% dagli attuali azionisti di Fca e per il 50% dagli attuali azionisti di Renault.
Prima che l’operazione sia completata, per attenuare la disparità dei valori sul mercato azionario, gli azionisti di Fca riceverebbero anche un dividendo di 2,5 miliardi di euro.

Inoltre, prima del completamento dell’operazione, sarebbero distribuite agli azionisti di Fca le azioni Comau oppure un dividendo aggiuntivo di 250 milioni di euro se lo spin-off di Comau non dovesse avere corso.

Dal punto di vista geografico, la fusione creerebbe la quarta azienda nel Nord America, la seconda in EMEA e la prima in America Latina e avrebbe maggiori risorse necessarie per accrescere la propria presenza nella regione APAC.
Da anni denunciamo e assistiamo impotenti grazie alle complicità politiche e sindacali al declino industriale e al furto di un’azienda tutta Italiana pagata dagli Italiani.
Con la fusione tra i due gruppi automobilistici è la fine, o la quasi-fine, di un lungo processo di sganciamento della famiglia Agnelli dalla governance della Fiat.
 Da tempo gli eredi dell’Avvocato, avendo preso atto di non avere né la voglia né le forze per governare Fiat, avevano intrapreso la strada della cessione, se possibile ricchi di dividendi e di valorizzazione del patrimonio della Exor (28,9 % di FCA). 
Marchionne in realtà, fu il punto forte di svolta verso questa linea, basata sulla tutela prioritaria degli interessi dell’azionista di maggioranza, che però da tempo non coincidevano più con gli interessi della Fiat e dei lavoratori Italiani.
Il doppio merito di Marchionne così, fu quello di riempire il portafoglio degli Agnelli, senza dare (troppo) l’impressione di preparare la liquidazione di Fiat, di delocalizzare modelli di auto e di ‘regalare’ ai lavoratori anni di cassa integrazione, con drastiche riduzioni di salario.
I successori, non all’altezza del manager italo canadese, non avrebbero potuto continuare in questo difficile equilibrismo e sapevano fin dall’inizio di essere «condannati» procedere sulla strada di una fusione.
La fusione con Renault, stando a quanto si legge, dovrebbe comportare il dimezzamento della quota Exor nell’azionariato complessivo della nuova società, e quindi consegnerà ai consiglieri di Torino un ruolo decisamente marginale.
 Le decisioni sulla nuova società saranno prese altrove, non certamente a Torino. E questa inedita irrilevanza di Exor offrirà la base logica, oltre che materiale, alla famiglia Agnelli per uscire presto dalla nuova società, oppure, le consentirà in alternativa, di restare tranquilla, senza impegni diretti di governance a godere dei profitti (auspicabili).
Da qualsiasi parte la si rigiri in ogni caso: fine della storia della Fiat.
Oggi però non sappiamo ancora quale sarà il ruolo degli stabilimenti italiani.
IN ITALIA SI PRODUCONO MODELLI medio-alti che hanno molte sovrapposizioni con quelli sfornati dagli stabilimenti francesi.
La FCA ha immediatamente annunciato che nessuna unità produttiva chiuderà,  in realtà la domanda che tutti dovrebbero porsi  in che misura verrà conservata la forza lavoro in Italia.
Se qui da noi non resta lo sviluppo dei prodotti, la realizzazione di strategie a marchio Fiat, i posti di lavoro saranno in ogni caso nulla più che parcheggi temporanei, una morte inevitabile.
 La differenza fondamentale fra Renault e Fca risiede poi nella presenza statale che in Francia è al 15%. «I francesi sono attenti a difendere i loro interessi nazionali»,
Che faranno i francesi con marchi e automobili concorrenti? Sosterranno Renault o Alfa Romeo o Lancia? Più che difendere il lavoro o il capitale italiano, come hanno vociferato alcuni «esperti della Lega», bisognerebbe provare a difendere i posti di lavoro,  la cultura d’impresa italiana, la tradizione automobilistica Fiat, che con questa fusione finirà del tutto cancellata dalla faccia della terra.
Salvini appena si è saputo della fusione subito si è detto disponibile ad un tavolo, in realtà, un governo serio (per il quale da tempo abbiamo perso ogni speranza) ad esempio, potrebbe decidere di intervenire drasticamente se non si vuole ripetere le sorti Alitalia, non lasciare che il patrimonio culturale e immateriale della Fiat vada a farsi benedire.
Bisogna rivendicare tutti i soldi  pubblici spesi per difendere i lavoratori, il lavoro, le fabbriche e la cultura Fiat.
Tanti sacrifici, tanta storia non può andare a finire così, senza colpo ferire.
Il ministro del lavoro dovrebbe dire
“Se la FCA vuole sposare Renault, fatelo, andate pure in un consiglio di Amministrazione controllato da americani e da francesi (compreso lo Stato Francese)”.
“Però prima di firmare restituiteci (gratis) quei due marchi importanti, Alfa Romeo e Lancia, che dopo aver ottenuto senza pagarli, avete praticamente liquidato, perché noi non vogliamo che scompaiano insieme a Fiat”.
 L’Italia non vuole perdere completamente la sua importante tradizione nell’industria automobilistica, la ricchezza di aziende come Alfa e Lancia che voi avete assorbito e praticamente azzerato.
Ridateci Alfa Romeo e Lancia perché noi vogliamo rilanciarle. Assumeremo la guida di un processo che, anche trovando degli investitori privati, possa restituire un futuro a queste gloriosissime aziende, ai lavoratori, agli italiani, e per far questo vogliamo indirizzarle verso la produzione di auto elettriche, che sono il futuro obbligatorio dell’automobilismo, al quale purtroppo Fiat non apparterrà».

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