Cari compagni
L’incessante competizione tra i monopoli e gli Stati
capitalisti per affermare le loro ambizioni strategiche si va sviluppando in
tutte le regioni del mondo. La natura barbara del sistema di sfruttamento è
evidenziata dalle guerre imperialiste in Ucraina e nel Medio Oriente, dagli
oltre cinquanta focolai di guerra sparsi per il mondo, dall’intensità
dell’offensiva contro la classe operaia e i popoli e dai milioni di sradicati,
di profughi e di migranti.
Il capitalismo ha ecceduto i propri limiti storici e si sta facendo sempre più pernicioso.
Il punto cruciale è la lotta ideologica, politica e di
massa del sindacalismo di classe e dei comunisti, in costante conflitto con la
borghesia di ogni Paese, contro le alleanze imperialiste, i partiti del
capitale, gli opportunisti e tutti coloro che giustificano in qualunque
modo il capitalismo.
A oltre tre anni dall’inizio della guerra in Ucraina
lo spargimento di sangue continua, tra centinaia di migliaia di morti e feriti
ed enormi devastazioni materiali.
La guerra tra il blocco USA-NATO-UE, schierato con la
borghesia ucraina rientra nella competizione imperialista per il
controllo dell’Ucraina e dell’intera regione, con i suoi mercati, le risorse
naturali e le rotte di trasporto di energia e merci. Le classi borghesi stanno
conducendo questa guerra a spese dei popoli: si tratta di una guerra
imperialista, e questa realtà non può essere messa in ombra dai pretesti
utilizzati dal campo della NATO, che presenta il conflitto come il risultato di
uno scontro tra forze democratiche e autoritarie.
La SGC, la cui azione si fonda su criteri di
classe, si oppone alla guerra imperialista e si schiera dalla parte giusta
della storia; difende gli interessi dei popoli e manifesta la sua solidarietà
internazionalista alla Russia.
La competizione internazionale economica, tecnologica
e militare tra gli USA e la Cina per la supremazia nel sistema capitalista e lo
scontro tra l’alleanza euro-atlantica, guidata da USA, NATO e UE, e l’alleanza
euro-asiatica in via di formazione, guidata dalla Cina, che sta guadagnando
terreno sul piano economico, e dalla Russia, seconda potenza militare mondiale,
si manifesta in tutti i focolai di guerra esistenti e potenziali.
Collegati a questa feroce competizione sono le guerre
commerciali in atto, il saccheggio delle risorse naturali e le lotte per il
controllo delle rotte di trasporto intorno al Circolo Polare Artico e del
Canale di Panama, passaggio strategico per gli scambi tra l’Atlantico e il
Pacifico.
La ricerca e lo sfruttamento dei giacimenti
energetici, delle rotte di trasporto e delle terre rare, così come la lotta per
la supremazia nel campo dell’intelligenza artificiale e delle moderne
tecnologie in generale, stanno alimentando lo scontro e preparando il terreno
per nuovi focolai di conflitto oltre a quelli che già conosciamo – nel mar
Caspio, nel Caucaso, nei Balcani, nel mar Cinese Meridionale e Orientale, in
Africa e in altre regioni.
Le contraddizioni attraversano entrambe le alleanze e
i settori della borghesia di ciascuno Stato, poiché in gioco vi sono i profitti
del capitale e il rafforzamento dei monopoli.
Ciò è rispecchiato dalle contraddizioni che
caratterizzano le relazioni tra USA e UE e tra UE e NATO, ma anche la stessa
alleanza euro-asiatica, per esempio nei rapporti tra Cina e India.
I popoli stanno assistendo a una nuova spartizione del
mondo, che non potrà mai essere attuata in modo indolore, con buona pace
dell’invenzione socialdemocratica e opportunista di un pacifico mondo
«multi-polare» e delle lodi del tutto fuorvianti che vengono tributate a
compromessi fragili e momentanei. Qualunque negoziato condotto nel contesto
della pace imperialista con una pistola puntata alla tempia del popolo non è
che il preludio a nuove rivalità, tensioni e guerre.
Ciò è stato dimostrato su ogni fronte di guerra, come
nell’ex-Jugoslavia, in Ucraina e in altre regioni.
In Palestina, dopo le stragi, il genocidio perpetrato
nella Striscia di Gaza e il recente fragile accordo di cessate-il-fuoco, gli
Stati Uniti e Israele pianificano ora l’espulsione del popolo palestinese dalla
sua terra, in vista dello sfruttamento della regione da parte dei monopoli
statunitensi e israeliani.
La guerra in Ucraina sta subendo un’escalation e
aumentano i rischi di una generalizzazione del conflitto, che potrebbe perfino
implicare l’uso delle armi nucleari di cui entrambi gli schieramenti
dispongono.
Le guerre in Ucraina, in Medio Oriente e in altre
regioni, la recessione in Germania e nell’Eurozona, la prevedibile crisi del
capitalismo e le necessità dei monopoli in questo contesto hanno condotto alla
strategia dell’economia di guerra, che viene promossa in tutti i Paesi UE e
impone il contesto dell’evoluzione dell’economia.
L’economia di guerra dovrebbe offrire all’UE la
possibilità di adattarsi alla crescente competizione energetica, commerciale e
tecnologica, di prepararsi a una guerra imperialista generale e di trovare uno
sbocco per i capitali accumulati in eccesso, che rimangono stagnanti nonostante
gli investimenti profusi negli ultimi anni nella cosiddetta economia «green» e
nel digitale e nonostante i guadagni miliardari dei gruppi finanziari.
Le spese militari degli Stati membri dell’UE superano
ormai i 400 miliardi di euro, e come annunciato dalla Ursula von der Leyen, la
Commissione europea ha presentato il piano ReArm Europe per aumentare la spesa
militare fino a 800 miliardi di euro per la guerra in Ucraina, mentre
salari e pensioni vengono mantenuti a livelli intollerabilmente bassi e si
tagliano le spese per la sanità, la scuola, i servizi sociali e le
infrastrutture.
Sono in preparazione nuovi «pacchetti di guerra»
destinati a stanziare enormi somme di denaro. La famigerata «agenda Draghi»
prevede spese per oltre 500 miliardi di euro nel prossimo decennio, e altri
miliardi sono già stati stanziati per l’«European Defence Fund» (Fondo di
Difesa Europeo), per l’«European Defence Industrial Development Programme»
(Programma Europeo per lo Sviluppo dell’Industria della Difesa) e per
l’improbabile «European Peace Facility» (Struttura di Difesa Europea). Tutti
questi meccanismi sono funzionali all’obiettivo dell’UE di tutelare il suo
ruolo di attore internazionale nel nuovo contesto strategico, geopolitico e
multipolare, a spese dei popoli.
Gli obiettivi dell’economia di guerra non si limitano
all’aumento delle spese militari per sistemi d’arma moderni e ai forti
investimenti nell’industria militare, ma toccano e influenzano l’evoluzione di
settori strategici quali le telecomunicazioni, l’informatica, i trasporti, la
filiera alimentare e dei rifornimenti, e sono collegati alla pianificazione
capitalista in ogni settore, compresi la sanità e la scuola.
In un contesto di escalation della guerra imperialista
e di intensificazione della competizione imperialista, stanno emergendo nuove
necessità di preparazione e di azione del movimento operaio e popolare di ogni
Paese.
Dobbiamo essere pronti a contrastare l’inerzia, allo
scopo di organizzare la resistenza a un livello superiore contro la strategia
del capitale e della U.E., contro le politiche antipopolari dei governi e le
loro conseguenze.
Una ferma presa di posizione da parte delle
organizzazioni sindacali di classe, dei comunisti può sventare i tentativi
della borghesia di assicurarsi l’assenso dei lavoratori e di cooptarli in
funzione dei preparativi di guerra.
Può contribuire all’intensificazione a più livelli
delle rivendicazioni nei luoghi di lavoro, nei vari settori economici e nei
quartieri operai, in un’ottica di controffensiva e conflitto con il capitale e
il suo potere.
Le classi borghesi, i governi e i partiti del capitale
hanno già giocato e continueranno a giocare la carta dell’«unità nazionale» e
degli «interessi nazionali» per manipolare gli sfruttati asservendoli alle
ambizioni e agli interessi degli sfruttatori locali e delle loro alleanze
internazionali.
Repressione, autoritarismo e anticomunismo sono in
aumento e continueranno ad aumentare.
Il rapporto Niinistö, promosso dall’UE, collega la
«protezione civile» e in generale i meccanismi di reazione alle crisi con i
preparativi di guerra. Di conseguenza, i i movimenti di lotta devono
prepararsi in modo adeguato e a più livelli a rafforzare i loro legami con la
classe operaia, i settori popolari e i giovani, e a porsi in prima linea nella
lotta per l’intensificazione della lotta di classe in ogni situazione.
Dobbiamo spiegare con tenacia e militanza al popolo
perché non può fidarsi delle classi borghesi, dei loro governi e dei loro
partiti; collegare la lotta per lo sganciamento dei nostri Paesi dai piani
euro-atlantici a quella per una reale via d’uscita dalla guerra imperialista;
lottare per il rovesciamento del capitalismo, per il socialismo, per la
socializzazione dei mezzi di produzione, per la pianificazione scientifica
centralizzata, perché il popolo possa vivere la vita che merita.
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